Nel corso degli ultimi anni le strutture di distribuzione degli alimenti, così come erano un tempo, sono state sostituite da un nuovo sistema centralizzato di distribuzione, controllato da un numero ridottissimo di operatori, situati anche molto lontano dai vari punti vendita. Sono i nuovi centri di distribuzione dei supermercati, i quali hanno attuato questa rivoluzione senza che ce ne accorgessimo; questo nuovo sistema è portentoso per proporzioni, velocità ed efficacia, ma è minato da un terribile difetto: non può prescindere dall'uso insostenibile del petrolio, da cui dipendono sia le coltivazioni intensive, tramite i prodotti chimici per l'agricoltura, sia gli alimenti essenziali per via dei lunghi viaggi dal luogo d'origine fino a noi. Le nostre linee di rifornimento, perciò, sono estremamente vulnerabili: bloccando una rete di trasporti si può ridurre un paese alla fame.
Basta pensare che il 30-40 per cento dei camion che attualmente viaggia sulle strade britanniche è riconducibile alla produzione e distribuzione dei prodotti alimentari (***).
I depositi dei prodotti freschi non sono magazzini: milioni di scatole di merce vengono ordinate dai rifornitori, con sistema a cicli continui in cui sono azzerati i tempi di attesa, eccedenza scorte ed inevasi. Ogni linea di prodotti arriva al centro di distribuzione e viene subito spedita al punto vendita che lo richiede. Questo è reso possibile dal fatto che i sistemi computerizzati delle casse trasmettono elettronicamente e direttamente ai centri di distribuzione le informazioni riguardo alle scorte. I produttori ricevono quindi in tempo reale o quasi gli ordini che devono soddisfare quanto prima, e se per qualche motivo non si riesce a soddisfare appieno l'ordine del rivenditore possono esserci danni finanziari considerevoli. È quindi necessario avere una forza lavoro sempre a disposizione, da impiegare a proprio piacimento con grosso rischio di sfruttamento.
Nell'arco degli ultimi trent'anni il commercio internazionale degli alimenti è triplicato e la nostra crescente dipendenza dagli alimenti trattati e conservati ha contribuito ad accentuare questa situazione.
In questo spostamento globale degli alimenti, il drastico aumento del traffico aereo rappresenta l'aspetto più preoccupante in termini di emissioni nocive e consumo di combustibile; inoltre il carburante degli aerei non è soggetto a tassazioni: grazie a questo sussidio celato risulta più conveniente far arrivare il cibo da altri continenti, dando pochissimo preavviso per soddisfare le richieste dei supermercati, oppure spedirlo dove la manodopera costa meno.
Molti immaginano inoltre che in questo modo si possono comprare prodotti di stagione più freschi, ma non è così: il fatto che debbano essere trasportati per lunghe distanze impone sul mercato solo quelle varietà di prodotti freschi che possono viaggiare conservandosi in buone condizioni. Il sapore, la consistenza e la varietà sono stati sacrificati in nome di un lunga estate globale; le fragole, per esempio, per due terzi sono di un'unica varietà che consente di coglierle acerbe e di trasportarle senza che deperiscano.
Ma lo scotto più grande per questo tipo di distribuzione lo paga, oltre chi ha i redditi più bassi, l'ambiente in cui viviamo.
(***) Da leggere:
F. Lawrence Non c'è sull'etichetta- Quello che mangiamo senza saperlo - Gli struzzi Einaudi.
Ciò che è meglio per assicurare lo sviluppo sostenibile dei paesi poveri risulta essere il meglio anche per la difesa dell'ambiente. Ciò che meglio tutela i diritti delle altre popolazioni preserva al meglio anche la nostra salute. E guarda caso, anche il gusto ci guadagna.