Mano nella mano. Padre e figlia a spasso. Ce l’ho proprio avanti. Lui, nell’altra mano, tiene una sigaretta. Fuma e cammina. E lei lo sbircia.
- Papà, il fumo fa male, vero?
Ahia, a questo la passeggiata gli va di traverso, me lo sento.
Lui accusa giusto un attimo. Gli vedo il pronto incasso della testa fra le spalle, ma si ripiglia. Guarda la sigaretta. Non so se sta pesando il costo per la salute, o per le tasche, perché si vede che l’ha accesa proprio da poco. Poi guarda la figlia, una fringuella di 5, 6 anni al massimo, che però c’ha una grinta parecchio pronunciata.
- Sì. Il fumo fa male.
E poi dà un altro tiro, ma la mano è un poco incerta.
Lei cammina e guarda in su. Lui cammina e fa lo sguardo vago. Avrà pure il filtro, ma questa, di sigaretta, gli si è fatta pesantina.
I due passeggiano, ma almeno a me, da dietro, appare chiaro come il sole che l’uomo non ha scampo. Lui guarda la brace in punta di quel cartoccetto. Credo sappia che non è il momento di buttarla via. La questione, come si diceva negli anni settanta, ormai è di base. Sa di essere nell’angolo. E quello che è peggio, è che lo sa anche la figlia. Ha fiutato incertezza, tremito, debolezza dentro ilpadre. E quando le antenne dei figli registrano il segnale, c’è un sistema d’allarme che comincia a funzionare. C’è solo da aspettare, per vedere che intensità ha raggiunto
- Papà, tu mi vuoi bene?
Minchia. Ho sussultato io, mi figuro il poveretto. Quello adesso s’agita, gesticola, ha preso un ritmo d’annaspo anche nella voce.
- Ma che c’entra? Certo che… Ti voglio bene. Ti voglio bene tantissimo, ma il tuo è un ricatt… Insomma, io mica fumo perché… E così non potrei smettere perché ti vogl… Io… No, sono due cose che… Non c’entrano. Insomma… E poi, guarda che smettere di fumare, per chi fuma tanto come me, è difficile. Bisogna farlo con l’aiuto di un medico… Bisogna… Non è che all’improvviso… è anche rischioso. Però, io ti voglio bene. E tanto. Anche se fumo. Tanto.
L’ultimo “tanto” non s’è capito se va a descrivere l’amore, o il fumo. Se non vedessi un uomo decisamente in panne, mentre adesso butta lontano la cicca, quasi quasi glielo chiederei.
Non fa in tempo nemmeno a rifiatare, perché l’infante è in marcia inarrestabile. Si gira attorno la testolina, come a guardare le vetrine e intanto si vede che sfodera il knockout.
Eccola che parla con vocetta serafica. A ritmo lento. Lento. Con pause d’una sapienza strepitosa. E a ogni parola, lui si fa più corto dentro il cappottello.
- Ma io non ti chiederei di smettere di fumare. (pausa) Ti chiederei di non fumare oggi. (pausa) Poi te lo chiederei domani... (pausa) E dopodomani…
Lei è d’una bravura che spaventa. Ce l’ha scritto il padre dentro gli occhi lessi. Non vede che la bravura della figlia è solo la misura della paura che ha provato. Che il papà non le volesse bene. Del fumo, credo le importi poco.