Ritrovarsi un giorno di metà settembre, trepidanti e timorosi, all'ingresso della scuola elementare, con una figlia per mano, da così pochi mesi figlia, ma già così saldamente ancorata alla tua mano.
Mille preoccupazioni che affollano la mente: il suo italiano stentato, il colore della sua pelle, il rapporto familiare ancora così fragile.
Ce la farà? Ce la faremo?
Ritrovarsi un giorno di metà giugno, sorridenti ed emozionati, all'uscita della scuola elementare, con una pagella in mano ed una figlia ormai figlia a tutti gli effetti. Una promozione sudata ma meritata. Le preoccupazioni che si sono piano piano affievolite. L'italiano che è migliorato. Il colore della pelle che si è mischiato in mezzo ad altre mille differenze.
Ce l'ha fatta. Ce l'abbiamo fatta.
In mezzo, tante scelte - nostre - e tante fatiche - sue. La scuola di quartiere, non la più rinomata, non la più selezionata. Quella più vicina, in fondo, dove troverà tra i compagni i vicini di casa, di strada. Dove, crescendo, potrà andare da sola. Soprattutto una scuola non troppo affollata, una quindicina di bimbi per classe. Lì, la fortuna di aver trovato insegnanti che non sapevano nulla di adozione, ma che hanno avuto la voglia di mettersi a studiare, di modificare il programma, di leggere libri e di confrontarsi con noi. La decisione, non poco sofferta, di accettare l'aiuto di una logopedista. È sempre difficile accettare che per aiutare la propria figlia il nostro amore non basti.
La sua fatica di stare ferma. "Mamma, mi fanno male le braccia". Perché, piccola? "Perché me le tengo ferme". La sua fatica di capire. "Mamma, perché gli altri imparano subito e io no?". La sua fatica di rendere conto della propria storia. "Mamma, perché mi chiedono tutti se sei la mia mamma vera? Mamma, non lo sanno che non esistono mamme finte?". La sua fatica di gestire il colore della pelle. "Mamma, mi hanno detto che sono nera". E tu cosa hai risposto, piccola? "Ho preso un pennarello nero e uno marrone, li ho posati sul braccio e ho detto: guarda bene, sono marrone".
Ritrovarsi un giorno di metà luglio, rasserenati, a pensare all'anno trascorso e all'anno che verrà. Pensare ai pomeriggi dedicati a capire addizioni e sottrazioni. Soprendersi ad intuire come funziona la mente, come fare ad aggirare gli automatismi inceppati. Gustare i suoi occhi che brillano quando si rende conto di aver capito. Battere le mani ed abbracciarsi quando riesce a fare 2+3. Urlare di gioia quando legge una parola difficile.
Ce la farà. Ce la faremo.
P. V.